06 November 2020

Il secondo giorno del corso sul finanziamento per le startup si è concentrato su business angel e venture capitalist, e suelle differenti fasi della raccolta di capitale

2:00 Min

Con Marco Bicocchi Pichi, imprenditore e Business Angel con oltre dodici anni di esperienza, abbiamo esplorato le caratteristiche di questa figura, essenziale per l’investimento in startup, generalmente di tipo “seed”, ossia quando l’idea di business è ancora su carta, in una fase concettuale o di primissimo prototipo.

Le motivazioni che spingono un grande investitore a divenire un business angel possono essere puramente finanziarie, ma talvolta sono più legate al desiderio di esprimere una professionalità, di rimanere connessi al mondo imprenditoriale, in alcuni casi sono guidate da aspetti meritori, come il riconoscimento di una forma di “give back” alla società. Alcuni dati sintetizzano bene la modalità di approccio di un business angel: investire non più del 5% del proprio patrimonio liquido in startup, da diversificare su un portafoglio di circa 20 startup. Il ticket medio di un business angel è molto variabile in relazione alla categoria (es. super angels con family office, club deal con altri business angel, business angel individuale) ed allo stadio di sviluppo della startup da cui deriva anche la valutazione e la quota acquisita.

“La differenza tra l’avere un nuovo socio od un semplice apporto di capitale di rischio è quello che fa la differenza per i fondatori di una startup tra trovare un business angel vero ed un semplice investitore alla ricerca di una diversificazione nella propria strategia di asset allocation. Entrambi utili, ma molto diversi i contributi che possono dare alla nuova impresa”

Marco Bicocchi Pichi, Entrepreneur and Business Angel

Diana Saraceni, Co-founder & General Partner di Panakes Partners, ha spiegato come funziona il Venture Capital: si parte dallo scouting di progetti, si trovano idee ad altissimo potenziale e si mette a loro disposizione “capitale di rischio o di lavoro” acquisendo una quota minoritaria della società. Inizia così un percorso di crescita condiviso, destinato, dopo qualche anno, alla capitalizzazione del finanziamento da parte dell’investitore con una “exit”.

Le aspettative sui risultati delle società in portafoglio ai fondi sono altissime in partenza: risultati alla mano poi, i multipli vanno da 1 a 5 per circa la metà del portafoglio e per una porzione minore del portafoglio (20% circa) si ottengono multipli superiori a 5. L’intervento ha consentito di approfondire anche le tecniche di negoziazione di un investimento del Venture Capital e delle clausole che comporta – preferred stock, reverse vesting, liquidation preference – oltre ad altri strumenti di protezione dell’investimento del Venture Capital, come ad esempio la clausola di anti-dilution.

“Tutti sanno quanto sia importante l’innovazione nel settore del Life Science, in quanto i benefici riguardano la vita di tutti. Investire in questo campo ha un forte profilo etico e può anche generare, in modo virtuoso, eccellenti ritorni”

Diana Saraceni, Co-founder & General Partner of Panakes Partners

Francesco Inguscio, CEO di Nuvolab a fronte di numerosissime esperienze di operazioni societarie – di entry ed exit – proprie e di startup seguite, ha condiviso le sue lezioni apprese sul campo.

L’exit, tipicamente, avviene tramite vendita ad un player industriale o finanziario (trade sale) oppure tramite quotazione in borsa (IPO). I motivi delle exit sono molteplici: dall’esigenza di concretizzare un guadagno, a quella dei founder di diversificare le proprie attività. Cosa occorre fare per concretizzare una exit? Innanzitutto esplorare il mercato per cercare i buyer. Poi definire le aspettative: tempistiche, condizioni economiche, vincoli sulle persone chiave in azienda, governance, deal breakers, etc.

Occorre quindi tenere in debita considerazione aspetti legali, commerciali e contabili relativi alla startup. E prepararsi a una fase di negoziazione, in cui è importante mantenere la calma, mediare le reciproche aspettative, fare attenzione ai dettagli e agli aspetti fiscali.

“Il bene fatto bene deve pagare bene… e quando si tratta di farsi pagare bene quanto avete fatto bene, sopratutto la exit deve essere fatta bene!”

Francesco Inguscio, CEO of Nuvolab

Ci si è quindi concentrati sul ruolo svolto dal Fondo Centrale di Garanzia in Italia e sugli strumenti a supporto dell’innovazione disponibili a livello europeo. Con Fabio Melzani, coordinatore del Capital Light Factory di UniCredit, sono stati esplorati l’iter e i requisiti necessari per poter accedere al Fondo, istituito nel 1996 con l’obiettivo di agevolare l’accesso al credito da parte delle PMI italiane e favorire, tra gli altri, anche gli investimenti in innovazione. UniCredit è oggi istituto in primissima linea nell’utilizzo del Fondo.

Con Antonio Carbone, Head of Innovation Department di Apre, uno dei massimi esperti di finanziamenti a livello europeo, si è vissuto un excursus sugli strumenti di finanza agevolata – molti a fondo perduto – disponibili a livello europeo: vere e proprie opportunità per le startup, che consentono a progetti a diversi stadi di sviluppo e di diversi settori di attingere a risorse importanti. Tra questi è il caso di citare l’Accelerator e il

Pathfinder for Advanced Research dello European Innovation Council di Horizon Europe 2021-2027, attraverso i quali la Commissione europea intende identificare e poi far crescere le start up più promettenti su scala europea e accelerare i loro processi di crescita.

“Competizione elevata per start up ambiziose. È necessario investire e focalizzare l’attenzione su questi strumenti in una logica strategica per l’azienda, non dimenticando mai l’importanza di un Team che inizia a essere multidisciplinare e che sa stringere le giuste partnership con i soggetti chiave”

Antonio Carbone, Head of Innovation Department of Apre