Lo snervante primo semestre del 2022 si è concluso. È stato segnato dalla guerra in Ucraina, che è stata accompagnata da preoccupazioni per la sicurezza in Europa, per la garanzia delle forniture energetiche e per un'ulteriore impennata dell'inflazione, a cui le banche centrali vogliono reagire o hanno già reagito con significativi aumenti dei tassi di interesse e altre misure di politica monetaria.
Secondo le aspettative sui mercati dei capitali, la Federal Reserve (Fed) statunitense aumenterà i tassi d'interesse al 3,5% entro la fine dell'anno. Dopo oltre un decennio di politica monetaria accomodante, la Banca Centrale Europea (BCE) ha avviato il suo annunciato ritorno a una normalizzazione della politica monetaria con un primo rialzo di 50 punti base e l'introduzione del nuovo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, che mira a evitare un eccessivo divario tra i livelli di spread dei singoli paesi dell'Eurozona.
Se i rischi di recessione in Europa e negli Stati Uniti non si concretizzeranno (e questo rimane il nostro scenario di base), e sia la crisi del gas sia la lotta delle banche centrali contro l'inflazione non si tradurranno in segnali di rallentamento eccessivo dell'economia, gli investimenti rischiosi come le azioni potrebbero tornare a essere oggetto di attenzione da parte degli investitori. In particolare, le azioni appaiono convenienti in una prospettiva storica grazie alle riduzioni dei prezzi degli ultimi mesi, unite a un ulteriore aumento delle aspettative sugli utili.
In questa edizione del Monthly Outlook, gli specialisti di UniCredit Group Investment Strategy approfondiscono come le politiche monetarie delle banche centrali potrebbero influenzare le probabilità che l'atterraggio morbido a cui puntano possa trasformarsi in un atterraggio accidentato, o addirittura duro.