Ferdinando Brandi, AD di UniCredit Factoring, Maurizio Carrara, Presidente di UniCredit Foundation, assieme a Concetta Maria Vaccaro, Responsabile Settore Welfare del Censis. Anna Banchero, Coordinatore Commissione tecnica interregionale Politiche Sociali, e Marco Trabucchi, Direttore Scientifico Gruppo di Ricerca Geriatrica Brescia, nel corso di un convegno svoltosi a Milano presso la sede di UniCredit, si sono confrontati sul tema "Per una sussidiarietà frugale: la cura dell'Alzheimer tra sanità, famiglia e volontariato", a partire dai risultati della ricerca "Alzheimer Caffè: La ricchezza di una esperienza", promossa da UniCredit Foundation e realizzata dal Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia.
"Nello scenario attuale - ha scritto Maurizio Carrara, Presidente di UniCredit Foundation, nella presentazione della ricerca - la fragilità sociale si fa più vicina, le problematiche legate all'inclusione e alla partecipazione nel territorio non sono più esclusive delle aree in via di sviluppo, ma toccano direttamente le nostre comunità. A causa del disgregarsi dei vecchi modelli assistenziali, infatti, emergono nuovi gruppi a rischio di esclusione, fra i quali gli anziani. Coniugando le esigenze reali a modelli teorici di successo, UniCredit Foundation ha promosso varie formule di intervento, al fine di accompagnare la persona anziana nella quotidianità e creare le premesse per una migliore qualità di vita".
"Nei prossimi anni - sostiene Marco Trabucchi nell'introduzione del volume - avverranno dei cambiamenti che oggi non riusciamo nemmeno a prevedere nelle loro dimensioni e che pongono continue domande senza risposta.... È però necessario pensare anche a soluzioni nell'immediato, perché la crisi non permette tempi lunghi; ipotizzare percorsi che da una parte diano la possibilità di risparmiare e dall'altra di organizzare servizi a basso costo è quindi un dovere per evitare che proposte di valore siano prive di fondamento concreto a causa della mancanza di adeguati finanziamenti e che quindi appaiano irrilevanti. La significativa riduzione delle prestazioni ambulatoriali e diagnostiche avvenuta nel 2011 dopo l'introduzione di nuovi ticket può essere letta sia come campanello d'allarme rispetto al dubbio che il cittadino rinunci per ragioni economiche a curarsi, sia come una riduzione di prestazioni inutili. In ogni modo, qualsiasi sia l'interpretazione del fenomeno è in sintonia con il sempre maggiore ricorso a soluzioni a basso costo e ad alto valore aggiunto come quelle offerte dagli Alzheimer Caffè".
La malattia di Alzheimer ha una durata media di 5-10 anni. In un arco temporale relativamente breve, il paziente sperimenta il passaggio da una condizione caratterizzata da lievi deficit mnesici e difficoltà nello svolgimento delle attività più complesse, al progressivo sgretolarsi delle competenze cognitive, alla modificazione radicale della personalità (quasi invariabilmente accompagnata da modificazioni del comportamento), con un deterioramento via via sempre più marcato dello stato funzionale, fino alla disabilità completa e alla comparsa di gravi complicanze neurologiche e somatiche. In questo percorso vi è il coinvolgimento profondo e spesso drammatico della famiglia, che vive dapprima l'angoscia della diagnosi e della prospettiva di un'evoluzione inarrestabile della malattia, poi la difficoltà della gestione dei problemi comportamentali e cognitivi, nonché del carico derivante dalle crescenti necessità assistenziali.
Gli Alzheimer Caffè si collocano come supporto all'impegno che varie realtà assistenziali rivolgono all'ammalato con decadimento cognitivo lieve o di media entità che vive nel proprio domicilio.
Gli Alzheimer Caffè oggetto della ricerca
La ricerca ha preso in considerazione 11 Alzheimer Caffè attivi, con forme organizzative e tempi di apertura diversi, a Cesena, Cremona, Sesto Fiorentino, Roma, Saronno, Oderzo, e Treviso, catalogati, a seconda dell'attività prevalente, in Alzheimer Caffè Malati (ACM) e Alzheimer Caffè Familiari (ACF).
L'Alzheimer Caffè Malati (ACM) è rivolto ai malati di demenza con decadimento cognitivo lieve o di media entità, che vengono coinvolti, durante gli incontri, in attività di stimolazione cognitiva aspecifica. Per chi li assiste c'è la possibilità, di partecipare ad incontri psicoattitudinali sul tema delle demenze.
L'Alzheimer Caffè Familiari (ACF) si occupa soprattutto di coinvolgere i congiunti dei malati o chi li assiste in attività occupazionali ricreative. L'obiettivo è creare uno spazio accogliente e sicuro dove i familiari possano ricevere un adeguato supporto.
I pazienti e chi li assiste (caregiver)
I pazienti che frequentano l'Alzheimer Caffè sono prevalentemente donne (circa il 60%) di età compresa fra gli 80 e i 90 anni, con una diagnosi di demenza effettuata, nella maggior parte dei casi, presso un ambulatorio UVA (Unità di Valutazione Alzheimer) o da un medico specialista. I pazienti maschi hanno prevalentemente un deficit cognitivo moderato, mentre le femmine uno grave.
Complessivamente, nel periodo di osservazione 170 pazienti e 190 caregiver hanno seguito gli incontri presso gli undici Caffè.. Come per altri dati rilevati, le differenze da Caffè a Caffè sono elevate: si passa da centri con una media di 6-7 utenti, ad altri con una frequenza di 30-35 persone.
Il turn-over fra pazienti echi li assiste è di circa 12 unità all'anno, per diverse motivazioni, tra le quali l'istituzionalizzazione dell'ammalato, l'impossibilità del caregiver di poter continuare gli incontri, il peggioramento dello stato di salute.
I dati sono tuttavia estremamente variabili, anche in base alla tipologia di attività proposte, a volte strutturate per cicli, che permettono al caregiver di seguire parte degli incontri, interrompendoli per un periodo, per poi riprenderne la frequentazione.
I collaboratori
Complessivamente negli 11 Caffè collaborano 123 persone. Confrontando i dati per ogni Centro si riscontrano differenze significative: alcune strutture impegnano oltre una trentina di persone, altre poche unità. L'organizzazione delle attività dipende ovviamente dalla quantità delle risorse umane a disposizione, dal loro profilo e dalle loro competenze.
In dettaglio le figure che collaborano con gli 11 Caffè sono: 53 Volontari, 23 Tirocinanti, 15 Psicologi, 11 Tecnici per le attività dei pazienti (musicoterapista, insegnante di arte, terapista della riabilitazione, ecc), 4 Infermieri, 4 Educatori Professionali, 3 Medici, 2 Coordinatori, 8 Altre figure. Sui 123 addetti, il 65% lavora in qualità di volontario. Il personale retribuito comprende solitamente psicologi e medici specialisti, nonché gli addetti alle attività di laboratorio per i pazienti.
Le attività
I volontari, inclusi i tirocinanti sia universitari sia degli Istituti superiori, ricoprono varie mansioni: aiutano nella gestione del gruppo e nelle attività, svolgono lavori di segreteria, si occupano degli acquisti, ecc.
Per partecipare alle attività, soprattutto per rispondere alle richieste informative dei caregiver, gli Alzheimer Caffè organizzano corsi per la loro formazione. Fra le figure specializzate nel trattamento delle problematiche delle demenze, lo psicologo è sicuramente la figura più presente nei Caffè, con la duplice funzione di supporto alle attività dei pazienti e di aiuto psicologico ai familiari. L'approccio al paziente si realizza attraverso la valutazione cognitiva, la valutazione affettivo-comportamentale e gli aspetti relazionali e di comunicazione, mentre per quanto concerne gli interventi, gli psicologi si focalizzano in particolar modo sugli aspetti affettivi e cognitivi del malato e sul supporto agli operatori.
La durata di ogni incontro presso gli Alzheimer Caffè è di circa 2 ore e mezza. Tutti i Caffè adottano generalmente una divisione dei propri incontri in tre momenti: l'accoglienza; il momento delle attività per i pazienti e, per alcuni, di consulenza ai caregiver; il saluto finale.
L'accoglienza - che può durare dai 15 ai 30 minuti - riveste un ruolo fondamentale per la gestione di tutto l'incontro, poiché determina il clima del gruppo.
Le attività proposte ai pazienti possono durare dall'ora all'ora e mezza, spesso intervallate da momenti di ballo e di animazione. Nel frattempo il caregiver può usufruire dei servizi messi a sua disposizione, oppure, ove previsto, può lasciare il proprio congiunto fino alla fine dei laboratori.
Gli interventi indirizzati al paziente affetto da demenza hanno come obiettivo principale la stimolazione e il mantenimento delle capacità cognitive e motorie e sono volte a favorire le abilità relazionali e comunicative, deteriorate dal decorrere della malattia.
Gli Alzheimer Caffè oltre a fornire un aiuto nella gestione del paziente affetto da demenza, rappresentano anche uno strumento per dare al caregiver un supporto e preservarlo dall'isolamento sociale. Per perseguire questo obiettivo generale vengono offerte una serie di attività rivolte ai familiari dei pazienti. Il servizio più diffuso è il colloquio con lo psicologo. In alcuni Caffè l'attività per i familiari prevede, oltre alla proposta di un lavoro di auto-mutuo-aiuto, l'inserimento in un percorso di tipo terapeutico-formativo di gruppo sotto la guida di uno psicoterapeuta.
Il budget
Il bilancio a disposizione del Caffè è solitamente frutto di contributi stanziati da diversi soggetti. Spesso sono le Istituzioni pubbliche, quali Comuni, ASL e Province a destinare ai Caffè parti delle sovvenzioni rivolte al miglioramento dell'assistenza ai pazienti anziani; in altri casi sono gli stessi Caffè a partecipare a bandi pubblici per l'erogazione di finanziamenti. Anche gli enti privati e i cittadini contribuiscono con le proprie donazioni alle necessità dei Caffè.
A volte i finanziamenti agli Alzheimer Caffè possono avvenire anche in maniera indiretta, ad esempio fornendo gratuitamente personale già collaboratore di un ente finanziatore, facendosi carico dei rimborsi viaggio dei volontari, con la donazione del materiale necessario per le attività con gli ospiti o, ancora, offrendo la sede per gli incontri a titolo gratuito. I budget annuali a disposizione possono andare dai circa 600 euro ai quasi 27.000 euro.
I risultati
La ricerca permette di evidenziare che l'esperienza degli Alzheimer Caffè, nelle sue diverse realizzazioni, è estremamente positiva. Si costruisce infatti un approccio nuovo alla conoscenza del malato e dei suoi bisogni, facendo emergere una visione "sociale" delle demenze, che non nega l'ambito biologico del disturbo, ma lo colloca in una dimensione quotidiana.
Sebbene non sia possibile dimostrare con questi dati una relazione diretta tra la frequentazione di un Caffè e i miglioramenti osservati è però indubbio che un intervento a supporto dei familiari, che influenza positivamente non solo la loro qualità di vita, ma allo stesso tempo i sintomi comportamentali dell'ammalato e il mantenimento delle sue residue funzioni cognitive, assume una rilevante importanza nel panorama degli strumenti per la cura delle persone affette da malattia di Alzheimer e da altre demenze.
I risultati positivi ottenuti attraverso la valutazione della frequenza e gravità dei disturbi comportamentali, che diminuiscono, concorre a ridurre il carico psicologico e pratico sulla vita di chi fornisce assistenza. La presenza di questi disturbi è la causa più frequente di aumento della disabilità e di istituzionalizzazione, nonché di gravi difficoltà nell'assistenza quali la maggiore frequenza di interventi medici, di prescrizioni farmacologiche, maggiori costi di gestione della malattia, più elevato stress del caregiver che induce di conseguenza un aumento dello stress dell'ammalato, peggioramento del livello di autonomia nelle attività della vita quotidiana, già compromessa dal deficit cognitivo. È certamente il dato più significativo sul piano pratico, perché il disturbo comportamentale è l'aspetto che maggiormente interferisce con la vita della famiglia, provocando crisi difficilmente gestibili e aumentando il rischio di istituzionalizzazione dell'ammalato.
"I vantaggi dei Caffè - conclude il Prof. Marco Trabucchi - sono evidenti sia per i pazienti sia per chi li assiste; si conferma così che il servizio, a basso costo ma a forte intensità umana, è utile e quindi che la sua diffusione spontanea avvenuta in questi anni va sostenuta e appoggiata".
Milano, 27 Settembre 2012